Vin Blanc / White Wine
(Party Damage – Los Angeles USA)
cantautorato catalizzante a trazione chitarristica
info: Joe Haege è quel genere di persona che riesce a catalizzare tutta l’attenzione su di se non appena sale su un palco. E questo non ha solo a che fare con il modo particolare con cui tiene la chitarra, ma soprattutto con l’intensità che Joe Haege immette nei suoi progetti, siano questi musicali o teatrali (confine che spesso sembra svanire). E non fa alcuna differenza che lui sia a capo della (quasi) leggendaria formazione post-rock 31Knots, dei fascinosi Tu Fawning o come chitarrista per Menomena e The Dodos: Joe Haege è un musicista di talento e un intrattenitore ammiccante. Vin Blanc / White Wine è il suo nuovo progetto, portato live con l’aiuto del musicista tedesco Fritz Brückner. Una seconda edizione su vinile del suo primo album, “In Every Way but One” del 2013, è prevista per il prossimo settembre.
Joel Cathcart
(Belfast/Genova NIR/ITA)
canzoni intricate e intime
info: Joel Cathcart è un raffinato autore di canzoni che ha lasciato la natia Belfast per girare il mondo e, recentemente, fermarsi a Genova. Praglia è un album migrante, un punto d’incontro tra varie canzoni scritte e riscritte in diverse sedi in Irlanda, Italia e negli Stati Uniti sudoccidentali nel corso degli ultimi due anni, raccolte insieme e registrate in uno studio ‘di fortuna’ dentro una casa di legno, annidata nei piani eponimi che sovrastano la città di Genova. Le canzoni stesse sono intricate ed intime, con sfumature di clarinetto, hang e cavaquinho stratificate su una base di chitarra fingerstyle e voce baritonale, morbida e malinconica. Parlano di luoghi onirici, bui, effimeri (‘il deserto tatuato’, ‘la terra incolta d’origami’, ‘la fontana che brucia’), popolati da personaggi simbolici (‘gli angeli di Tetris’, ‘il corvo del patois’, e il misterioso ‘steven’); una psicogeografia criptica ed un linguaggio iper-distillato che sfidano l’ascoltatore ad allineare le immagini e gli archetipi in modo da creare una o più narrative.
press:”Pur intervallando le letture la sua musica non fermava il discorso lirico tra una poesia e l’altra, lo sviluppava, col contrappunto tra una voce appena ariosa e gli accenti di una chitarra acustica, con questa ironia bonaria nel parlare al pubblico. Il suo più che un vocabolario era un gestuario poetico, nell’apparente libertà lasciata alle mani su e giù per la chitarra, nelle ‘sbavature’ improvvisate, o addirittura nell’agitare il manico a tentare un vibrato quasi impercettibile – forse quello della sua anima cui accennava -. Nel secondo intermezzo Joel prende in braccio l’hang, uno strumento insieme melodico e a percussione di forma circolare. Suonando questa specie di disco volante le sue braccia disegnavano cento cerchi mistilinei: un vero ‘concerto per dita e orchestra aliena’.” Carlo Meola – Tomtomrock.it